IIIª EDIZIONE CONCORSO NAZIONALE DI POESIA

I vincitori della IIIª edizione

1° Classificato
Nerio Vespertin – E il pianoforte brucia

Note in fiamme sopra la nostra testa il salotto fuma bocche nervose sigarette sospese c’è sempre qualcosa da ricordare feste a sorpresa Dresda in fiamme nel 1945 Schubert sotto le dita tasti bianchi tasti neri cadeva fosforo era inverno fiocchi bianchi corpi neri perché ora dovrebbe essere diverso Donetsk qualcuno tossisce colpi di rabbia raffiche di fretta cosa c’entra l’Ucraina si leva la giacca cosa c’entra la Palestina qualcuno sbadiglia servono caffè biscotti scuse all’arancia qualcuno va via poche risposte sull’aria stanca di un “Ave Maria” cosa c’entra l’umanità tutta quanta
La farsa di una giustizia su questa terra mi chiedo io
Cosa c’entra Dio

Continuo ad aspettare
Nessuno risponde
Gli occhi contro il soffitto i fiori i morti sepolti quelli parlanti quelli felici dentro i salotti poche speranze molti ricordi nostalgici
La storia continua a non cambiare

Il commento della giuria

Un vero e proprio virus che contamina, distrugge, annichilisce: è “la santa
assuefazione” ovvero quel male della storia, già dolorosamente espresso da Quasimodo, che abita in noi, a nostra insaputa. È la potenza di chi può, è l’indifferenza di chi si gira dall’altra parte; e continua a colpire il genere umano, senza tregua, senza Dio.
Così vale per le immagini forti, per i luoghi
simbolo: ecco Dresda, il Donetsk, la Palestina, la loro eco di dolore senza appello. Altrove, invece, la farsa di un’umanità che si siede in un salotto parlando del più e del meno. E il virus si fa pandemia, nessuno è salvo. Sullo sfondo Schubert, la malinconia dimenticata di un pianoforte, la sua morte giovane. Sul piano formale la prosa poetica sembra essere anch’essa colpita da un virus, nonostante la musicalità interna, la coincidenza tra pause sintattiche e respiro. E “la storia continua a non cambiare”.

2° Classificato
Silvia Dall’Alva – Nel cortile

All’ombra blu della magnolia
stavo scalza al mondo
e alle distese assolate dei sogni.
Tra le foglie, stilettate di luce.
Le mie gambe tese a dondolare
fino alla pace chiassosa delle cicale.

Estate strappata come un cerotto
da troppi inverni e mezze stagioni,
il cortile abbandonato
al gioco noioso delle mosche.
Ed io che cerco ancora il vento caldo delle altalene.

Il commento della giuria

C’è tutto un mondo in questo cortile che giunge a noi come un piccolo, intenso, profondo affresco di Silvia Dall’Alva, le cui
pennellate, ora ammantate di confortante delicatezza, ora di sublime intensità, ci rimandano a un passato che non ritorna,
tuttavia non retorico, non nostalgico, ma fatalisticamente vissuto da chi vive con consapevolezza il proprio tempo. E pur con altrettanta consapevolezza che non esiste perfezione nella natura umana, c’è il senso, da parte di chi scrive, di una sintesi quasi perfetta tra il suono delle parole e dei versi e
il loro contenuto, affidato ad una spontanea, quasi ineluttabile, limpida semplicità; come a volte dovrebbe essere la vita.

3° Classificato
Lorenzo Gabanizza

Quei nastri d’argento,
Che riflettono il cielo
E sfilano ribelli
– io li amo perché mi somigliano.

Somigliano alla mia testa spettinata
E gorgogliano forte, inascoltati
Tra filari di pioppi antichi
Come la mia voce sognante.

Imitano i fratelli più nobili e grandi
Atteggiandosi ad ansa, gettandosi
Nella pozza del solerte contadino
Ma non spiagge, non risacca.

Soltanto il lento schiocco
Della lingua di un placido bovino
Ne increspa il dorso
D’un verde cupo e quasi boschivo.

Mi fanno tenerezza questi ribelli
Che s’arrampicano ignorati
Aggirando cascine e raccolti
Perché il loro canto assomiglia al nostro.

Perché imperterriti balzellano,
Gridano sgorghi dai monti vicini
E si spengono felici e incompresi
Nella gelida campagna dicembrina.

Il commento della giuria

Un quadro sonoro e colorato che diffonde quiete atmosfere si presenta al lettore. Un quadro gradevole, luminoso e plastico. E sono azzurri e argenti, e verdi boschivi, e sono luci che riflettono, e suoni di voci antiche. Della lirica “I ribelli “convincono il registro arioso, la ricchezza di verbi di movimento e l’amenità dei paesaggi evocati, tra voci sognanti e sonorità di liquidi balzi e balzelli.
Piace il paesaggio di terra, d’acqua e di cielo e piace il pensiero che lo avvolge, per
quel riferimento tutto moderno all’interiorità di chi, non avvezzo a limiti soliti, cerca divagazioni sul tema, e con quelle, pur nella gelida campagna dicembrina, trova la libertà.

1° Classificato Poesia Dialettale
Enrico Sala

La cadréga de scòcca
in veranda la parla
deperlee intanta
perpetüf senza
pietà ul nutiziàri
de la sìra el sbagia
fanàj de umbréj  
soeul scür del viall 
induè nanca ‘l vènt
el corr lìber

In giardeen
se respìra un’aria
in cumpra de cativéria
me piasarìa
che ghe füdèss püsee
usìgen in de l’alba
del dé noeuf

Il commento della giuria

La poesia, scritta con un verso breve, franto da pause sintattiche visivamente importanti, rappresenta la banalità di una vita dove nulla accade, anzi diventa perpetua l’assuefazione all’idea che qualcosa cambierà, forse, in un non luogo dove “serve più ossigeno per respirare”. E il notiziario della sera sbadiglia, la sedia a dondolo in veranda parla da sola: correlativi oggettivi di una realtà fatta di abitudine,
data per sempre, inutile.